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Tragedia di Mattmark, teniamo viva la memoria delle vittime

Il 30 agosto 1965 è un lunedì. In Svizzera, nella Valle di Saas, come ogni giorno centinaia di operai tra svizzeri e migranti italiani, spagnoli, tedeschi e austriaci sono impegnati, in condizioni di lavoro durissime, nella costruzione della diga di Mattmark.

Nel tardo pomeriggio, improvvisamente, un boato fragoroso echeggia in tutta la vallata interrompendo i lavori.


Una frana del vicino ghiacciaio dell’Allalin innesca una tremenda valanga che travolge tutto quel che incontra. In pochi secondi due milioni di metri cubi di ghiaccio, roccia e fango si abbattono sulle baracche allestite imprudentemente nella zona sottostante uccidendo ottantotto persone.

Tra le vittime, anche cinquantasei emigrati italiani.


Donne e uomini provenienti da ogni parte dello stivale che, nella speranza di trovare lavoro e un futuro migliore, persero la vita in una vera e propria catastrofe per la quale, tra le altre cose, nessuno ha mai pagato.


Come ha ricordato pochi giorni fa la segretaria nazionale Elly Schlein partecipando al congresso del Partito Socialista svizzero insieme al parlamentare eletto nella Circoscrizione Europa del Collegio Estero Toni Ricciardi “sono stati momenti di cesura, momenti che hanno visto sofferenza ma anche momenti in cui si sono gettati i semi di quello che ha portato oggi la comunità italiana in Svizzera ad essere la terza, per estensione, comunità di italiani all’estero. 700 mila persone, a cui vanno aggiunti più di centomila frontalieri”. Si tratta di persone che offrono “un contributo attivo straordinario alla vita politica, economica e sociale della Svizzera”.


A distanza di cinquantotto anni, teniamo viva la memoria di coloro che morirono nella tragedia di Mattmark, quando gli emigrati eravamo noi, e rinnoviamo il nostro impegno quotidiano nel creare condizioni di lavoro sempre più sicure per tutte e tutti.



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