"Il Pugile del Duce", una storia che tutti dovrebbero conoscere
In occasione della giornata internazionale per l’eliminazione delle discriminazioni razziali è uscito nelle sale italiane il “Pugile del Duce” esordio di Tony Saccucci con musiche di Alessandro Gwis e Riccardo Manzi, liberamente tratto dal saggio di Mauro Valeri “Nero di Roma”. Una storia che merita davvero di essere raccontata, anche sul grande schermo. Esistono torti che non si possono riparare, ma certo l’Istituto Luce Cinecittà con questo film documentario ha scelto finalmente di restituire qualcosa di quanto rubato al tempo all'immagine pubblica del grande pugile, padre italiano e madre congolese, laureatosi campione europeo dei pesi medi il 24 giugno 1928. Un match storico che si è svolto davanti a 40.000 spettatori nello Stadio Nazionale, oggi quel che resta dello Stadio Flaminio. Una vittoria mai davvero mostrata agli italiani perché troppo lontana dalla retorica di regime, le immagini video dell’ultimo round strappate dai cinegiornali, lo sconfitto Mario Bosisio presentato dalle autorità come vincitore. Perché nello sport fascista l’Italia non poteva essere rappresentata nel mondo da un pugile nero, anche se aveva dimostrato sul campo di essere il più forte di tutti.
I primi pugni, l’inizio della carriera in Inghilterra, e poi in Francia sotto il nome di John Douglas Walker, le mille occasioni offerte di scegliere un’altra bandiera, le umiliazioni subite in patria, le sconfitte, poche, e i tanti successi. E la scelta di continuare a battersi per poter fare quello che meglio sapeva fare per i colori del proprio paese. Fino al giorno di quella vittoria, che assunse tutti i tratti di una sconfitta. Perché l’Italia è prima di tutto qualcosa che ti senti dentro, anche quando ti rifiuta come paese. E’ qualcosa a cui non vorresti mai rinunciare anche quando non ti apprezza, ti umilia, ti costringe a cercare altrove le soddisfazioni che meriti.
Jacovacci aveva tutto da guadagnare ad essere fino in fondo Walker e invece ha provato contro tutto e tutti ad essere Leone. Raccontare la sua vita non serve solo a illuminare una straordinaria pagina di storia d’Italia troppo spesso dimenticata, a dare forza e coraggio ai tanti italiani e non che ogni giorno fronteggiano ancora il razzismo del nostro paese. Serve a tutti noi innamorati di un paese dove quanto vali davvero conta spesso troppo poco, dove negli anni cambia il colore delle camicie e delle casacche ma resta sempre tutto dannatamente difficile per chi sceglie di non indossarne nessuna, al momento di salire sul ring.
Grazie Leone, per averci insegnato che si può vincere lo stesso, anche quando sembra impossibile. Perchè la storia può sempre darti ragione, anche se mentre vivi le tue battaglie nessuno sembra accorgersene. La tua è una lezione che non dimenticheremo.